Così come i suoi predecessori intellettuali -- Nietzsche, Artaud e Bataille -- Jean Baudrillard fu un raro esempio di filosofo culturale, un pensatore le cui riflessioni, lungi dall’essere mera mimetica culturale, si svilupparono in una complessa simbologia della realtà sociale del secolo postmoderno. Nel suo pensiero convissero sempre aspetti futuristici e antichi. Futuristici in quanto la sua teorizzazione della cultura della simulazione si sviluppava parallelamente alle grandi scoperte scientfiche del nostro tempo e soprattutto in relazione alla trasformazione radicale della cultura e della società sotto l’impatto della velocità della luce rispetto al tempo e allo spazio. Antichi perché Baudrillard era assillato dall’enigma della patafisica, vale a dire l’innalzamento fantastico del principio della realtà nel linguaggio dell’artificio, della seduzione e del terrore.
Dopo La gaia scienza di Nietzsche il segreto della realtà non era mai stato rivelato tanto pienamente. Né significante né significato, la realtà sociale di Baudrillard implica sempre una «illusione referenziale», una «strategia fatale», un «riflesso di produzione», uno «spirito terroristico», un «deserto del reale». Nel rifiuto delle chiusure politiche dell’economia politica e delle ristrettezze sociali della sociologia, Baudrillard rese il suo pensiero il teatro della forma artistica medievale dell’anamorfosi. Il deserto del reale veniva stravolto per ricavarne l’immagine uguale e contraria delle sue qualità nascoste di seduzione e terrore.
Né scettico né apologeta, Baudrillard il teorico, Baudrillard l’artista affrontava il delirio della realtà contemporanea con i metodi deliranti dell’arte, con il linguaggio topologico dell’illusione prospettica. Motivo per cui il suo pensiero fu sempre destinato a pungolare la furia del superuomo nietzschiano. Leggere il suo pensiero equivaleva ad accedere direttamente alla complessità e all’indeterminatezza della realtà come gioco anamorfico di prospettive. Mentre il superuomo avrebbe preferito trovare la sua consolazione nella solidità del principio della realtà , ciò che fece Baudrillard fu di dare completezza a Nietzsche dimostrando in una vita della mente che il pensiero come «stella danzante» era ancora realizzabile, che nella sua pratica della «vita della mente» della Arendt il pensiero poteva ancora una volta raggiungere un maggiore asservimento, allo scopo di rendere l’illusione referenziale al centro evenescente di ogni cosa -- il sesso, la coscienza, la cultura, l’economia, i corpi, il terrore -- un segnale certo e definito dell’indeterminatezza che ossessiona la vita stessa.
Oggi piangiamo la morte di Baudrillard anche per la consapevolezza che la sua presenza intellettuale nel mondo ha avuto il peso di un’annunciazione precoce e puntuale di come si sarebbe sviluppato il ventunesimo secolo, la conflagrazione dei principii della realtà , mutuamente antagonisti ed egualmente affascinanti. Laddove la realtà è rivelata come simulazione, la teoria come artificio, il segno come terrore e i corpi come prospettive solo apparenti, riconosciamo nel pensiero di Baudrillard la qualità patafisica della perenne discesa lungo le altezze dell’abisso, sempre, come diceva Virilio, «cadendo verso l’alto» nel deserto del reale.
Nella speculazione così come nella vita, soltanto il lento passaggio dei grandi eventi storici consente lo spettacolo della finzione, la realtà sociale da esperire nella sua completezza. Il nostro destino verosimile è di vivere nella realtà le premesse di Della seduzione e di Lo scambio simbolico e la morte, il loro costante senso di malinconia e di passione splendente, non tanto come opere di letteratura, quanto come nuclei teoretici della politica, della società e della cultura del ventunesimo secolo.
Un amico intellettuale, un sentiero da seguire, un teorico che rese il pensiero stesso una fedele illusione della magia dell’iperrealtà . In questo triste giorno piango la morte e onoro lo spirito di Jean Baudrillard.